a cura di Anna Moreno e Caterina Nissim
Non c’è più tempo da perdere. L’industria edile è una delle maggiori responsabili dell’impronta ecologica, ed è ora che cominci coraggiosamente a ripensare ad ogni suo singolo processo. È fondamentale che tutti i progettisti nell’industria comincino a contribuire alla transizione verso un modo di progettare che non pesi negativamente sui cambiamenti climatici in atto.
L’industria del cemento, da sola, è al terzo posto per la produzione di CO2 dopo i paesi della Cina e gli USA. Perché non basta progettare edifici ad energia zero, bisogna anche ridurre l’uso di materiali che portino ad aumentare l’inquinamento e all’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali. Bisogna prevedere dei piani per il riutilizzo ed il riciclo. Per quanto possibile, i materiali da riciclare dovrebbero derivare dai rifiuti, e non solo quelli provenienti dalla demolizione degli edifici.
A Copenaghen, durante la conferenza organizzata il 7 dicembre da KEA (Copenhagen School of Design & Technology), è stata sottolineata l’importanza che architetti e ingegneri considerino l’uso dei materiali appropriati già in fase di progettazione preliminare. Bisogna ridurre l’uso del cemento armato a quegli edifici e strutture che realmente lo necessitano e dove le soluzioni alternative possono essere anche più performanti. È anche necessaria la riutilizzazione del materiale derivante dalle demolizioni in modo selettivo ed intelligente.
In Francia e in Danimarca, in applicazione delle raccomandazioni europee per la riduzione dell’impronta ecologica, la legge prevede che la CO2 totale prodotta venga dichiarata. Non solo come LCA e cioè una semplice certificazione di quanta CO2 quella particolare opera edile produce, ma è anche richiesto di giustificare la scelta operata sui materiali, che devono apportare una produzione di CO2 minore rispetto alle soluzioni alternative.
Durante il dibattito seguito alla conferenza si è fatto notare giustamente che i materiali “vergini” hanno spesso un costo minore di quelli riciclati perché il processo di produzione dalle materie prime è più semplice rispetto al riciclo di materiali esistenti, soprattutto se non se ne conosce la composizione. Presto però, per incentivare al riciclo, sarà introdotta una tassa sulla produzione di CO2 che renderà il prezzo delle due scelte comparabile e sarà possibilmente più vantaggiosa verso i materiali riciclati.
In Danimarca sono stati anche creati dei casi pilota in cui, ad esempio, al posto di una grande scuola in disuso, è stata concessa la realizzazione di un asilo nido a patto che si utilizzassero i materiali derivanti dalla demolizione. Al posto della vecchia scuola ora ci sono due campi di calcio ed un asilo nido realizzato con criteri di sostenibilità e ad impatto zero. Questo grazie al risparmio di materiale “vergine” che normalmente domanda un grosso contributo energetico, sia in produzione che per il trasporto. Il legno, inoltre, è ritornato ad essere la prima scelta, sia per le nuove case che per quelle da riqualificare.
È stato anche discusso il ruolo ed il contributo del BIM in tutto questo. È stato mostrato un software che permette di valutare l’impronta di CO2, così come già esistono software 4D e 5D che permettono di valutare tempi e costi. Ogni prodotto viene collegato con la sua impronta ecologica e cioè con l’anidride carbonica prodotta per la sua realizzazione. In questo modo è possibile, per il progettista, attribuire un valore reale all’impronta ecologica dell’intero edificio.
È chiaro che il ruolo dei produttori di materiali diventa sempre più fondamentale. Devono passare dal fornire i valori che certifichino l’“impronta ecologica” in semplici pdf, alla trasmissione di dati che siano direttamente leggibili dai software di progettazione. Per permettere ciò è già disponibile il bSDD, e cioè un servizio che buildingSMART Internazionale mette a disposizione per “tradurre” qualsiasi proprietà e geometria in un dato leggibile dai software di modellazione.
Essenzialmente basta collegare tali proprietà e valori all’elemento alla quale la si vuole associare. Per esempio, la proprietà “muro” potrà essere collegata a cemento armato, mattone pieno, mattone cavo, legno lamellare, pannello riciclato e così via alla quale il produttore dovrà associare la proprietà “CO2/metrocubo” ad essa corrispondente. Il software, a quel punto, può calcolarne direttamente l’impronta finale.
Cambiando il materiale, in pochi click, automaticamente il valore finale sarà aggiornato e sarà, a quel punto, semplice poter selezionare la scelta più ecologica.
Il cammino da fare è però ancora molto lungo. Bisogna, ad esempio, lavorare a dei nuovi strumenti legislativi che favoriscano questo approccio. Nei bandi pubblici bisognerà che l’impronta ecologica abbia un peso nella selezione, in modo che i progettisti siano incentivati a percorrere questa strada, così come sarà importante aiutare i piccoli produttori di materiali riciclati a certificare i propri prodotti con il marchio CE per poterli immettere nel mercato. Sarà necessario, inoltre, formare correttamente costruttori e forza lavoro perché utilizzino propriamente questi nuovi prodotti. Bisognerà infine supportare la ricerca in questo settore.
Questi temi saranno trattati anche durante il prossimo Summit di buildingSMART International, che si terrà a Roma dal 27 al 30 marzo 2023. Tutti i capitoli europei di buildingSMART si incontreranno, in questa occasione, anche con la Commissione Europea (DG Growth) per lavorare insieme affinché una parte dei notevoli finanziamenti previsti per il settore edile siano indirizzati a queste attività.
Invitiamo quindi progettisti, produttori e costruttori ad iscriversi, per dare forza al nostro capitolo e alle proposte che svilupperemo sia all’interno di buildingSMART che a livello della Comunità Europea.
Vi invitiamo infine a partecipate numerosi al Summit di Roma, aperto a tutti gli interessati del settore, soci e non soci.